
Oltre l’approccio tecnico verso le luci cinematografiche: simbologie e significati profondi nella lezione di uno dei più grandi maestri della settima arte.
Le luci cinematografiche sono importanti come le parole: ancor più che in fotografia, la luce ricopre un ruolo fondamentale nel mondo del cinema. Allestimenti, scenografie e personaggi assumono tridimensionalità proprio al mutare dell’illuminazione. E non solo da un punto di vista fisico e visivo. Anche, forse soprattutto, sotto l’aspetto psicologico e della caratterizzazione. Se nella storia della cinematografia contemporanea c’è un maestro indiscusso nell’arte di orchestrare la luce nel cinema, è Vittorio Storaro. Al di là delle altissime vette raggiunte nella sua carriera, ciò che rimane davvero interessante è il suo approccio profondo, spirituale con quell’elemento astratto che è la luce. Un estratto da un trattato caposaldo della materia, ovvero “Vittorio Storaro Scrivere con la luce”.
Qualche cenno biografico
Storaro Vittorio, nasce a Roma nel 1940: il cinema probabilmente è già nel suo sangue. Infatti il padre lavora come proiezionista della Lux Film e di luci cinematografiche nella sua vita ne ha viste tante. Storaro s’instrada già da bambino verso la passione fotografica prima, poi completa la sua formazione in quello che successivamente diventerà il Centro Sperimentale di Cinematografia a Cinecittà. L’esordio nella direzione della fotografia avviene nel film “Giovinezza, giovinezza” di Franco Rossi, nel 1968. Da qui in poi la sua particolare visione sperimentale della fotografia e della luce lo porta lontano, fino a Hollywood. Lavora con i registi del Neorealismo italiano, con Giuseppe Patroni Griffi, Salvatore Samperi, Bernardo Bertolucci, con Luca Ronconi per il teatro, fino a Francis Ford Coppola e Woody Allen. Nel 1980 proprio il nostro italianissimo Storaro Vittorio vince l’Oscar per la fotografia in “Apocalypse Now”, bissando il successo nel 1982 per il film “Reds” di Warren Beatty e ancora nel 1988 per “L’ultimo imperatore” di Bertolucci.

Le luci cinematografiche e il colore
Nel saggio già citato “Vittorio Storaro Scrivere con la luce” si ha uno spaccato concreto del modo filosofico e mistico che il grande direttore della fotografia applica al suo lavoro. Di fondamentale importanza su di un set sono le luci cinematografiche, delle quali noi futuri spettatori percepiremo probabilmente come prima cosa il colore. Storaro vede l’origine dei colori come qualcosa di vicino all’opera divina: nascono dall’unione della luce con l’oscurità, laddove la prima rappresenta l’energia e la seconda la materia. Usare con cognizione i colori è importante perché, insieme ai suoni e agli odori, incidono sui flussi di memoria.
Toni caldi e toni freddi
La luce bianca viene scissa in diverse lunghezze d’onda, che noi percepiamo come i diversi colori. Questi possono rappresentare anche degli stati d’animo o mentali: un’associazione utilissima quando luce e colore fanno parte di un sistema articolato di comunicazione. Come lo è appunto un film. Ecco quindi che nella concezione di Vittorio Storaro il colore applicato alla luce assume sempre un significato simbolico, che ne determina quindi anche l’utilizzo all’interno di una scena. Ad esempio i colori di tono caldo, come il rosso, l’arancio e il giallo richiamano la vita materiale, i sensi, la corporalità e la sensualità. Rappresentano desiderio e tentazione, un richiamo irresistibile: infatti otticamente posseggono anche un carattere centripeto dello sguardo verso di essi. Al contrario i toni freddi, quali il verde, l’azzurro, l’indaco e il violetto rappresentano l’introspezione, l’intelligenza e l’acume. Si adattano a descrivere situazioni occulte, spirituali o equilibrate e otticamente allontanano l’occhio dal centro prospettico.

Il significato di ogni singolo colore
Le luci cinematografiche quindi assumono un loro preciso senso che Vittorio Storaro ascolta e applica durante la costruzione delle scene. Vediamo quindi come vengono letti i colori, sempre avendo come guida “Vittorio Storaro Scrivere con la luce”.
Nero
Il nero, in un simbolico percorso di vita, è il colore del concepimento e al tempo stesso del trapasso. Rappresenta anche l’inconscio e il suo contraltare s’individua nel giallo, tono della coscienza. Il nero è la notte, così come l’ombra, pure in senso metaforico. Incute rispetto e riconduce alla materia.
Rosso
Se dovessimo immaginare lo spettro cromatico come suddiviso in momenti dell’esistenza, il rosso rappresenterebbe il momento della nascita. Il passaggio dal buio alla luce che, nell’atto del parto avviene anche con dolore e sangue. La pulsione sessuale che può ricondurre, appunto, anche un concepimento. Il fil rouge, è il caso di dirlo, che lega nel bene e nel male pure l’immagine della famiglia. Rosso come vitalità e al contempo violenza, guerra, odio ed egoismo. Il blu e l’azzurro gli sono complementari e rappresentano la calma del pensiero e della riflessione.
Arancio
Così come il rosso si adatta ad essere icona della nascita, l’arancio è il colore dello sviluppo, quella fase della vita in cui si apprende e s’inizia un percorso di crescita spirituale. Si tratta di un colore accogliente, come dovrebbe essere la vita in famiglia, rimanda a un senso di allegria e di passionalità, ma non cieca come quella rappresentata dal rosso. Piuttosto unita al sentimento e in parte all’introspezione. Il colore migliore per descrivere un rinnovamento.
Giallo
Colori e fasi della vita: giallo, ovvero l’età della coscienza, il passaggio definitivo verso la maturità. Simbolicamente anche quello tra primavera ed estate. Il giallo è la luce della conoscenza che squarcia l’oscurità, un po’ come nella platonica parabola della caverna. Descrive una personalità formata, un percorso giunto nel punto di equilibrio mediano. I valori “gialli” sono la generosità, l’onore e la lealtà.
Grigio
E abbastanza facile associare il grigio all’attesa, a una fase di crisi che prima o poi arriva per tutti. Un colore neutro adatto a illustrare un momento d’indecisione, in cui non si prende una posizione ma si riflette. E nel mentre magari si preferisce isolarsi. In sostanza la qualità cromatica dei momenti di transizione che in ogni caso sfoceranno in un’evoluzione.
Verde
Dopo una fase grigia, si torna alla vita col verde. Rappresentaun terreno d’unione e di rinnovata fiducia: la guarigione. Ricompaiono gli stimoli e la necessità di riattivarsi, a livello mitologico simboleggia la resurrezione.
Azzurro
Quando la nostra visone dell’esistenza è abbastanza chiara, l’azzurro denota un momento di particolare acutezza mentale. Il pensiero puro è rappresentato da questa tonalità così come il punto di massima espressione personale, per cui si può decidere di ritirarsi dalla vita pubblica. Il cielo è azzurro e quando si osserva si punta all’infinito, come spesso fanno i ragionamenti rivolti al futuro. Una scena silenziosa è perfetta, ad esempio, in una stanza azzurra. Rimanda anche a sensazioni di dolcezza e interiorità.
Indaco
Dopo l’intuizione arriva la consapevolezza, rappresentata dall’indaco, il momento dell’esistenza in cui è possibile passare la nostra esperienza a qualcun altro. Soddisfazione e potere così come completa realizzazione personale possono essere rappresentate dall’indaco, la pace delle passioni. La fase di crescita individuale è giunta al suo apice, concludendosi.
Violetto
L’età matura, prima della morte, si associa al violetto, il momento in cui dovremmo aver raggiunto l’equilibrio definitivo. E si cerca un tipo di conoscenza che non è più rivolta ai fatti terreni. Il momento dell’anzianità è anche quello del distacco e purtroppo talvolta anche quello della malattia, della dipendenza e della marginalità.
Bianco
Il colore della vita per eccellenza, quello che raccoglie tutte le altre lunghezze d’onda, è il bianco, il ritorno simbolico all’unità. E quindi anche al candore e alla purezza, il punto più elevato della saggezza acquisibile.
A cosa serve nella pratica questa distinzione simbolica?
Sapere cosa ottenere a livello d’immagine definitiva è il compito principale di un direttore della fotografia. Sistemare, in accordo con la troupe, le luci cinematografiche in maniera precisa e con un senso chiaro, non casuale, farà la differenza. La simbologia studiata da Vittorio Storaro stratifica secoli di storia intorno ai colori, facendo riferimento a cosa hanno rappresentato sotto vari aspetti. Questo aiuterà ulteriormente a raggiungere lo scopo finale con estrema perizia. Il regista vuol girare una scena di guerra? Se useremo delle luci o degli espedienti rossi, chi guarderà il film avrà ancor più una sensazione di agitazione, immedesimandosi. Il soggetto parla di un re pensieroso e indeciso? A livello fotografico il film potrebbe giocare tutto sui toni del grigio, dell’azzurro e del nero. Dobbiamo decidere le sorti visive di un cortometraggio di formazione sull’adolescenza? Se i toni sono da commedia spensierata, si potrà optare per una post produzione tendente all’arancione.

Insomma fare riferimento anche alla simbologia e al valore culturale di un colore arricchisce lo storytelling e aiuterà il futuro spettatore a entrare ancor meglio nella storia raccontata. Molto importante, da questo punto di vista, anche osservare e quanto più avere conoscenza dell’arte e della pittura. Nelle opere sono sempre presenti richiami alla simbologia nei colori, nelle pose, nella direzione da cui proviene la luce, oltre che in merito ai fatti narrati. Ogni singolo dettaglio ha un significato ben preciso, per questo quando si pensa alla bellezza, all’armonia e alla magnificenza dell’opera dell’uomo, il nostro pensiero corre a cose come la Cappella Sistina, le grandi sale del Louvre, le statue dell’epoca ellenistica o rinascimentale e così via. Vittorio Storaro ha saputo mettere in connessione concetti apparentemente lontani e addirittura mistici, arrivando però a risultati molto pratici e davvero sbalorditivi.
1 – Moman faretto LED RGB

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un pò semplicistica la toeira della simbologia del colore di cui esistono saggi seri (Arnheim) così come presentata nel cinema atraverso il pensiero di V:Storaro.